È uno dei punti di riferimento preferiti dai milanesi, il Park Hyatt Milano, che lo scelgono per l’atmosfera internazionale condita da tocchi italiani e per la clientela che parla tutte le lingue del mondo. E il General Manager confessa: “non abbiamo low season…”

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L’imponente vetrata del Park Hyatt hotel

La centralissima Galleria Vittorio Emanuele, che collega La Scala con il Duomo, è tra gli angoli di Milano che hanno beneficiato della ventata di restyling portato da Expo: completamente liberata dalla patina del tempo e riportata al suo splendore originario, è tornata a essere il salotto “buono” della città, con la sua cupola in vetro e acciaio e le lunette degli aristocratici palazzi affrescate; ed è proprio qui che, in un candido edificio storico, dal 2003 si trova il raffinatissimo Park Hyatt Milano, l’unico hotel in Italia del brand extra lusso, parte della catena americana Hyatt: «Il brand è una collezione internazionale di 44 hotel, tutti cinque stelle lusso, tutti in posizione baricentrica e tutti ospitati in edifici particolari – spiega lo spagnolo Gorka Bergareche, General Manager della struttura milanese da circa quattro anni ma da 21 nel gruppo Hyatt – a News York, per esempio, ci sono voluti anni di ricerca prima di trovare la location giusta e a Londra, invece, non l’abbiamo ancora trovata».
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Gorka Bergareche, General Manager del Park Hyatt Milano

E se un brand simbolo di un lusso così esclusivo significa estrema ricercatezza a livello di design e di materiali usati, attenzione ai dettagli, forte legame con l’arte (grazie a una passione personale della famiglia Pritzker fondatrice del marchio) e servizi al top, non significa affatto standard rigidi nei codici comportamentali e nella formazione dello staff: «la compagnia lascia la libertà a ogni hotel di impostare il training del proprio staff in armonia con la cultura del posto – prosegue Bergareche –, in modo che le caratteristiche locali possano emergere; per esempio, nel modo di accogliere gli ospiti, niente protocolli rigidi o “teatrali”, ma un atteggiamento rilassato e spontaneo che, soprattutto in Paesi come l’Italia, fa sentire subito gli ospiti immersi nel contesto territoriale; proprio questa inversione di tendenza rispetto al servizio impostato della maggior parte degli hotel di lusso ci ha valso, nel 2012, il prestigioso premio di Travel and Leisure World Best Service, mentre Hyatt figura all’11esimo posto a livello mondiale tra i best place to work». Ma anche a livello di design e materiali usati le influenze locali contribuiscono a rendere unico e fortemente legato al territorio ogni Park Hyatt: «L’interior designer che ha curato gli arredi dell’hotel milanese, avvolgendoli in un’atmosfera calda e accogliente, è Ed Tuttle, franco-americano, che si è avvalso di artigiani italiani di altissima qualità per tessuti, mobilia e materiali; per il bar, invece, dove volevamo un flavour spiccatamente italiano, ci siamo affidati all’ architetto Flaviano Capriotti, mentre i profumi dei diversi ambienti sono stati creati dal naso italiano per eccellenza, Laura Tonatto» conclude Bergareche.

International and local

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Una delle suites al Park Hyatt

Stile contemporaneo e Italian taste si mescolano anche nelle 106 camere, delle quali 25 suite tutte ubicate al sesto piano e dotate di scenografiche terrazze che sovrastano la città – richiestissime d’estate, soprattutto quelle con vista sul Duomo o con la vasca idromassaggio en plein air –: le tonalità calde del tabacco, del cipria e del cioccolato si mescolano a dettagli preziosi e a oggetti d’arte, mentre dalle finestre occhieggiano scenografiche prospettive del centro città, il tutto in metrature importanti, per non far sentire agli ospiti nostalgia di casa (indipendentemente dalla categoria della camera, i magnifici bagni in travertino sono quasi delle spa private).
Lo stesso mood si ritrova poi nelle aree comuni, a iniziare dalla Cupola lounge, ambiente camaleontico che vive durante il giorno funzioni e atmosfere diverse, sovrastato da una cupola in cristallo e impreziosito da un’opera dell’indiano Anish Kapoor; per continuare con il Mio Bar, inaugurato di recente e subito scelto dai milanesi per il rito dell’aperitivo; per terminare con l’esclusiva Spa by Sisley, dove concedersi rigeneranti massaggi, trattamenti super raffinati o semplicemente rilassarsi nel bagno turco o nella vasca idromassaggio.

Vun, il primo stellato d’hotel in Italia

Fiore all’ occhiello del Park Hyatt Milano è sicuramente la ristorazione, che ha attirato da subito anche il pubblico milanese e che si declina in tre ambienti differenti: il Vun, il ristorante gourmet premiato nel 2012 con una stella Michelin (primo ristorante d’hotel a potersi fregiare del prestigioso riconoscimento in Italia) con 32 coperti – ma dotato anche di un’elegante saletta per private dining fino a 10 persone –; il già citato Mio Bar, perfetto per aperitivi glamour o per pranzi raffinati, grazie alla carta che consente di scegliere tra cucina international (il suo club sandwich è stato votato come il migliore al mondo nel 2012) e piatti della tradizione italiana; e la Cupola, scenario del brunch domenicale, tematico e spesso legato ai prodotti della stagione.

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L’ Executive Chef Andrea Aprea e il suo staff

Alla guida di tutto il comparto food, il giovane e talentuoso Andrea Aprea – un curriculum costruito tra ristoranti stellati e hotel di lusso –, che coordina una brigata di 34 persone, e che spiega il significato del nome del ristorante: «Vun significa “uno” in dialetto milanese; volevo rompere la barriera che spesso si crea tra la città e i ristoranti all’interno degli hotel, vissuti come impersonali e frequentati solo dagli ospiti della struttura; il nome in dialetto crea quindi un’immediata dissonanza, un’istintiva familiarità e un contrasto inaspettato, anche perché io sono napoletano: si crea così anche l’unione tra nord e sud, la stessa unione che si ritrova poi nei menu, dove furoreggia la caprese dolce-salata accanto al tortello cacio e pepe e, in stagione, allo zabaione al marsala con scaglie di tartufo»; in quest’ultimo piatto il sapore inconfondibile del tartufo (tipico prodotto del centro-nord Italia), si fonde con il gusto di uno dei vini siciliani più amati e versatili, il Marsala.

Il customer service? Via twitter!

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Ilaria Bucci, Gorka Bergareche e altri membri dello staff

Se è vero che la clientela-tipo del Park Hyatt Milano è sui 35-40 anni e si divide equamente tra business e leisure, con una maggioranza di americani, è anche vero che si tratta di ospiti molto “social” e interattivi: «A livello digitale investiamo molto, sia in termini di energie sia in termini economici – spiega Ilaria Bucci, Marketing & Communication Manager dell’albergo –. Il sito resta il nostro principale canale di comunicazione, ma negli ultimi anni abbiamo anche sviluppato molto la nostra presenza sui principali social network: abbiamo tre pagine su Facebook (Park Hyatt Milan, Vun e Mio) e una pagina su Twitter, Instagram, Pinterest e Google+.
La nostra clientela interagisce molto con le nostre pagine; in particolare è curioso il caso Twitter: molti dei nostri ospiti lo utilizzano sempre più come un vero e proprio customer service, incanalando qui le loro richieste durante il soggiorno, da uno spazzolino in più al servizio di lavanderia. È quindi per noi fondamentale essere sempre connessi e rispondere in real time, per quanto possibile.
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L’esperto staff del Park Hyatt hotel

Per questo Hyatt ha messo a nostra disposizione il servizio Hyatt Concierge: un account Twitter che tiene monitorato il social 24 ore su 24: se l’hotel non risponde a un commento o a una richiesta del cliente entro qualche minuto, specialmente durante le ore notturne, lo fa Hyatt Concierge, che dà una risposta immediata al cliente e nel frattempo contatta il reparto Ricevimento dell’hotel segnalando la necessità del caso». E dietro a una politica di marketing così social, ci sono (anche) le indicazioni di un’attenta Revenue Manager, Carlotta Pesaresi: «L’analisi dei numeri e l’intuito per i cambiamenti sono fondamentali per decidere come promuovere l’hotel, su quali mercati e che politiche tariffarie adottare; per Expo, per esempio, avevo già iniziato a lavorare a tariffe e cancellation policy nel 2013 e la decisione è stata poi all’ insegna della lungimiranza: un aumento non eccessivo dei prezzi delle camere pensando al lungo termine, che è stata la strategia adottata praticamente da tutti i cinque stelle lusso e che oggi ci consente di avere ancora un’ottima percentuale di occupazione, in una destinazione, Milano, che ha letteralmente cambiato pelle, da meta puramente business a realtà capace di attrarre i visitatori anche per i propri tesori artistici e architettonici».

>> Official website: milan.park.hyatt.com

Articolo di Simona P.K Daviddi